lunedì 31 dicembre 2012

 
Vorrei
 

(Sebastiano Milluzzo,
Pineta di Zafferana, 1996)
Giocare con la fantasia
abbandonarla al desiderio
guardarmi intorno
fissare l'Infinito
e segretamente scoprire
ciò che non si vede
 
Accarezzarti in silenzio
sfiorare il tuo viso
la tua pelle nuda
assaporarne il profumo
e lentamente donarti
il seme della vita
 
Ritornare a me stesso
alla mia solitudine
per esserne fuori
e cantare cantare
per attendere insieme
i nuovi colori dell'Alba
 
(Cesare Cellini, Vorrei, in Neacromata, 1995, p. 29)


venerdì 28 dicembre 2012

 
 
(Totò Rizzuti, Crociresurrezione)
Il settimo sigillo
 
 
che groviglio di gente
oggi in piazza
manciate di uomini e donne
invasati da insana follia
 
 
Il Verbo
mutato in parole
ha cessato d'esser
Parola
 
 
Deflorato
prostrato
schernito
giace a terra
in silenzio
forzato
 
 
LA LEGGE È UGUALE PER TUTTI
han gridato
 
 
La legge è uguale per tutti
                                 la legge
                                 ha gridato
                                 è uguale
                                 per tutti
                                 l'Amore
                                 l'Agnello sgozzato
 
 (Cesare Cellini, Il settimo sigillo, in Neacromata, 1995, p32)
 


giovedì 27 dicembre 2012




(Sebastiano Milluzzo, Nel cielo, un focolare)
Nothing dies
(Trad. di Martha Biordi Celeste)
 
Like the leaves
in autumn
my heart
remains hanging
to hope
just a gust
and it will become
food for new life[1]


[1] C. Cellini, Nulla muore, in Ancora Stelle, 1993, p. 33: "Come le foglie / in autunno / il mio cuore / resta appeso / alla speranza / appena un soffio / e diventerà cibo / di nuova vita".
  
12 Gennaio, 1993
(Salvatore Caputo, Limone solitario)
 
 
Vinto dall'ansia, dal desiderio di un possibile Oltre, sento sempre più pressante la necessità di abbandonare ogni forma di conoscenza e affidarmi al sogno: istinto primitivo, che ci permette di rientrare nel grembo della Madre, ogni qual volta lo vogliamo, e fluttuare liberi nelle acque primordiali senza la paura e le costrizioni del tempo.
      Mi conforta, infatti, pensare che il sogno mi sarà compagno fino all'ultimo respiro, fino alla soglia dell'incomprensibile e, forse, ancora oltre.
 
  (Cesare Cellini, 12 Gennaio 1993, in Frammenti d'un Journal intime, 1998, p. 19)

  


 


(Salvatore Caputo, Le due lune)
  15 Gennaio, 1993
 
 

Oggi ho letto, in una citazione, un pensiero di Jakob Boehme: «dal momento che un uomo comincia a vivere, è già abbastanza vecchio per morire».          
      Io non conosco questo Autore, non so dunque quale è il giusto senso da attribuire a questa affermazione.
      Penso, però, che la morte è necessità per la vita e la vita non si attua se non nella morte. Ma se questo vale per la vita, non credo che possa valere anche per me. Non ne sono sicuro. La vita sfida l'eterno; io, solo il temporale.
 (Cesare Cellini, 15 Gennaio 1993Ibidem, p. 20)
 
 

 
(Andrea Castorina, Apostasia)
20 Aprile, 1992
 
L'Occidente è ammalato di solitudine. Pensa ed agisce come se nulla esistesse intorno a sé, come se il resto del mondo gli fosse nemico.
     Vinto dalla paura, trova nell'aggressione economica la sua difesa e fa vittime ovunque, imprigionando la vita e Dio e quanto si trova sul suo cammino.
      È ora che decida se riconoscere in Onan il suo Signore, ed attendere in adorazione la propria fine, o dividere con l'altro il proprio mantello e spargere insieme a lui il proprio seme.
 
(Cesare Cellini, 20 Aprile 1992, in Frammenti d'un journal intime, 1998, p. 12)
 


martedì 25 dicembre 2012

 

(Michele Costa, Silenziosi suoni si trascinano lenti, 2010)

Sogno di pace
 
 
Vorrei tanto
respirare il tuo amore
e sentire in me
l'abbondanza di un dono
di una stretta di mano
di un sorriso
scambiato per via
con chi non conosci
 
 
Vorrei tanto
alitarti il mio amore
per provare la gioia
di nuovi colori
l'armonia delle lingue
la parità dei diritti
la libertà di natura
l'antica vocazione ad amare
 
 
Vorrei tanto
che superassimo insieme
l'amara tristezza
delle separazioni
degli inutili odi
delle inutili guerre
delle inutili morti
delle follie razionali
 
 (Cesare Cellini, Sogno di pace, in Neacromata, 1995, p. 37)
 
 
 


 
(Totò Bonanno, Agape)
Da Oriente una luce

 
al tuo eguale
il mio eguale
s'affratella
Mohamed Ali
 

E il bimbo
nella grotta
tornò a giocare

(Cesare Cellini, Da Oriente una luce,
in Neacromata, 1995, p. 50)

lunedì 24 dicembre 2012

 
 
 
L'attesa dell'Attesa
 
Ora che le luci
si sono abbuiate
e il dolore s'acqueta
come Passera di mare
sui fondali sabbiosi
dell'anima incerta
pensando a Te
centellino Signore
frammenti di vita
 
(Cesare Cellini, L'attesa dell'Attesa, in Neacromata, 1995, p.31)
 
 


lunedì 17 dicembre 2012






Michele Cutaia, Il recinto della strage
"Restore hope"

 
Son fetidi escrementi
                        di pace
mi han detto
                                
son fetidi escrementi
                         di pace
di uomini
       morti ammazzati

(Cesare Cellini, "Restore hope", in Transenne,
1996, p. 26)







 

Michele Costa, I sopravvissuti, 2010
Aprile 1992
 
Bloccate con il canto
le ruote polverose
                         della storia
A terra i moribondi
non hanno ancora esalato
                         l'ultimo respiro
Sopraffatti dalla furia
di un'horda violenta
                         con gli occhi
rivolti ad Occidente
e le mani mozzate tese
                          verso l'Alto
orfani di risposta
continuano a chiedersi
                        perché?
 
                 (Cesare Cellini, Aprile 1992, in Transenne, 1996, p. 41)

 



Girolamo Di Cara, Un dono per i poveri
Senza titolo


io
e la mia poesia
siamo rimasti in ginocchio
dinanzi alla disperazione
di inutili stermini
di stupri stuprati
di somali e serbi-croati

io
e la mia poesia
siamo rimasti…
in ginocchio
per quanti hanno reso
normale la morte
le guerre gli eccidi
le ingiustizie sociali

io
e la mia Poesia
siamo rimasti
in ginocchio aggrappati
all'ultimo flatus
all'ultima forza


del canto
 
                                                     (Cesare Cellini, Senza titolo, in Ancora Stelle, 1993, p.17)

 

 



Franco Lo Cascio, Il sogno di pietra
Ancora una volta

 
Sazio di solitudine
svuotato di me di tutto
del tempo dell'eterno
rincorro sull'orme
del passato il ricordo
dei giorni che videro
me bambino inconsapevole
giocare a palla a nascondino
solo nella piazza
deserta di uomini
a gridare la gioia
di non conoscere ancora
il futuro che oggi
si fa presente nei giorni
che muoiono
chiamandosi per nome
Marco Manuel Mustafa
Oscar Josephine Franz Chaun'li
 
 È bastata una dose in più
d'eroina
una stretta in meno
di mano
un abbraccio maldato
 

maldonato

                                                         (C. Cellini, Ancora una volta, in Ancora Stelle, 1993, p.20)

 

 

 

 

 

 

 

mercoledì 12 dicembre 2012







Michele Costa, Genesi 1, 27, (2000)
tec. mista, china e grafite, cm. 50 x 70
We Are [1]
(Trad. di Martha Biordi Celeste)

 
Every instant-always
when voices cling to us
or death and pain
emanate stench
we are
 
Every instant-always
when the sun
awakens our senses
or wars declare
new wars
we are

Every instant-always
when love
does not leave us
or our minds
become contorted
we are
 
Every instant-always
when a smile
blooms on our lips
or the silence of God
terrifies
we are

Every instant-always
when evil
makes us compassionate
or reason
mutates into violent craze
we are

Every instant-always
when the walls of shame
fall
or the normal
make the different
feel different
we are

Every instant-always
when we resemble ourselves
at last
ourselves only
or when our body
is about to end in oblivion
we are



[1] C. Cellini, Noi siamo, in Ancora Stelle, 1993, pp. 53-54: "Ogni istante-sempre / quando le voci / si stringono a noi / o la morte e il dolore / emanano fetore / noi siamo // Ogni istante-sempre / quando il sole / risveglia i nostri sensi / o le guerre dichiarano / nuove guerre / noi siamo // Ogni istante-sempre / quando l'amore / non ci abbandona / o le nostre menti / diventano contorte / noi siamo // Ogni istante-sempre / quando il sorriso / affiora sulle labbra / o il silenzio di Dio / ci atterrisce / noi siamo // Ogni istante-sempre / quando il male / ci rende pietosi / o la ragione / si muta in violenta follia / noi siamo // Ogni istante-sempre / quando crollano / i muri della vergogna / o i normali / rendono diversi i diversi / noi siamo // Ogni istante-sempre / quando finalmente assomigliamo / soltanto a noi stessi / o il nostro corpo / sta per finire nell'oblio / noi siamo".

 
 

domenica 9 dicembre 2012




E fu sera e poi mattina


Fascinoso Mistero
che hai popolato la terra
di acque e di cieli
di fiori e di uccelli
di stelle e di luce
di suoni e di canti
di vita e di morte
di speranze e di gioie

Fascinoso Mistero
per te gli antenati
generarono figli
e figlie nel tempo
per essere pronti
insieme a gioire
nel giorno atteso
del grande ritorno

Fascinoso Mistero
splendente come cristallo
con Te ho navigato
come parola nel tempo
ho varcato la soglia del nulla
ho sfidato la vita la morte
il tuo silenzio e il mio
sicòmoro dall'Amore piallato

(Cesare Cellini, E fu sera e poi mattina, in Éxodos, 2010, p.34)



(Remo Gerevini, Presenza dell'agnello
2006, Tec. mista,  cm. 35 x 50)



Era l'ora terza…
( Mc. 15, 25-34 )


Quanti poveri cristi
perseguitati affamati
umiliati esiliati
costretti al silenzio
riversi per terra
esalano muti respiri



Quanti poveri cristi
 
Abbandonati lungo gli stipiti
 
Con le braccia stese sul patibolo
 
Condannati alla gogna
 
Esposti al pubblico ludibrio
 
Lasciati lentamente a morire

 
quanti poveri cristi

 

terribile orrido frutto
dell'umana insipienza
doloroso tributo
all'infida Bestia

(Cesare Cellini, Era l'ora terza, in Éxodos, 2010, p. 31)


  5 Novembre 1992

Jennifer Caudill, Dialogo, olio su tela, cm.70x100
Vi sono cose nella vita tanto sofisticate che sfuggono alla semplice comprensione. Anzi, esigono un tale sforzo di conoscenza che spesso l'intelletto deve ricorrere ad operazioni assai complesse –talvolta a-logiche– per poterle in qualche modo spiegare.
     E più queste cose esigono uno sforzo –più cioè si allontanano dalla realtà concreta, più perdono l'immediatezza del comunicare, più si spogliano dell'universalità del segno che le rappresenta– più vengono stimate.
   Una cosa è certa, però, che i grandi e possenti e capaci estimatori appartengono, fortunata-mente, ad una stretta cerchia di persone che, solitamente, ama confondere i confini della realtà con i confini di se stessa –ossia, della propria massa corporea– e si inebria!
     Ciò, purtroppo, accade anche nell'arte, dove, talvolta, si verifica pure che il significante prenda il sopravvento sul significato.
     Ma se è vero che l'arte racchiude in sé una qualche verità, se è vero che possiede in sé il valore dell’educare ed è valore essa stessa, io credo che condizione indispensabile sia la chiarezza formale e la semplicità concettuale che la rendono accessibile a tutti, anche agli ignoranti –a quella stretta cerchia di persone cioè.
    Dio, infatti, che è verità semplice, si rivela agli umili, i quali –così è scritto– un giorno erediteranno la terra.
(Cesare Cellini, 5 Novembre, 1992, in Frammenti d'un journal intime, p. 15)


12 Gennaio 1993

Vinto dall'ansia, dal desiderio di un possibile Oltre, sento sempre più pressante la necessità di abbandonare ogni forma di conoscenza e affidarmi al sogno: istinto primitivo, che ci permette di rientrare nel grembo della Madre, ogni qual volta lo vogliamo, e fluttuare liberi nelle acque primordiali senza la paura e le costrizioni del tempo.
     Mi conforta, infatti, pensare che il sogno mi sarà compagno fino all'ultimo respiro, fino alla soglia dell'incomprensibile e, forse, ancora oltre.
(Cesare Cellini, 12 Gennaio, 1993, in Frammenti d'un journal intime, p. 19)

15 Gennaio 1993

Oggi ho letto, in una citazione, un pensiero di Jakob Boehme: «dal momento che un uomo comincia a vivere, è già abbastanza vecchio per morire».
     Io non conosco questo Autore, non so dunque quale è il giusto senso da attribuire a questa affermazione.
     Penso, però, che la morte è necessità per la vita e la vita non si attua se non nella morte. Ma se questo vale per la vita, non credo che possa valere anche per me. Non ne sono sicuro. La vita sfida l’eterno; io, solo il temporale.
(Cesare Cellini, 15 Gennaio, 1993, in Frammenti d'un journal intime, p. 20)

giovedì 6 dicembre 2012


Natale, 1991

Talvolta ho la sensazione che vi siano ancora molti Cesari in giro, in Occidente; ed ho pure la sensazione che ci pervada il timore di perderne alcuni o di non poterne celebrare di nuovi. E così ci spingiamo verso altre terre, facendo razzia di popoli ancora innocenti.
Occorre, forse, riscrivere la nostra storia: inneggiare un po' meno a Cocceo Nerva ed avere il coraggio di arrossire.
(Cesare Cellini, Natale 1991, in Frammenti d'un journal intime, p.11)

20 Aprile, 1992
(Sergio Fiorentino, Nudo, 2011,
olio e acrilico su tela, 100x120)

L'Occidente è ammalato di solitudine. Pensa ed agisce come se nulla esistesse intorno a sé, come se il resto del mondo gli fosse nemico.
Vinto dalla paura, trova nell'aggressione economica la sua difesa e fa vittime ovunque, imprigionando la vita e Dio e quanto si trova sul suo cammino.
È ora che decida se riconoscere in Onan il suo Signore, ed attendere in adorazione la propria fine, o dividere con l'altro il proprio mantello e spargere insieme a lui il proprio seme.
(Cesare Cellini, 20 Aprile 1992, in Frammenti d'un journal intime, p.12)


6 Dicembre, 1992

Ho sempre creduto che il tempo non fosse mai sufficiente per assicurarci la verità di un giudizio. Ho sempre odiato, infatti, dover dare ragione a chi pretendeva di averne prima ancora che i fatti iscrivessero la loro verità nella storia.
Oggi, purtroppo, debbo, mio malgrado, ricredermi e dire, per necessità, che i poteri iscrivono sempre le loro verità nella storia, prima ancora che i fatti ne costituiscano il fondamento.
Ma intanto la gente assapora, davanti alla morte, reiteranti solitudini antiche e squassanti silenzi.
(Cesare Cellini, 6 Dicembre 1992, in Frammenti d'un journal intime, p.16)


domenica 2 dicembre 2012


(Dina Viglianisi, Senti il tuo silenzio, 1997, olio su tela, 35x50)
12 Settembre, 1992.

 Da quando sono tornato dall'ospedale non faccio che indagare, mettere in discussione me stesso e le verità acquisite.
     Come i cani abbandonati, che ripassano l'intera città pur di trovare un avanzo che calmi i morsi della fame e assicuri loro ancora un giorno, anche io non faccio che rimestare le carte dei filosofi per assicurarmi quel tanto di vero per la mente, che mi permetta di oltrepassare la soglia della morte senza paura.
     Per adesso mi sento bene, ma so che questo benessere è provvisorio e che prima o poi dovrò nuovamente arrendermi ai medici e alle medicine. Ciò alimenta il mio tormento, il continuo chiedermi se esiste un presente oltre il futuro e a cosa o a chi vado incontro, quando questa mia malattia, perduto ogni interesse per me, mi abbandonerà: misero avanzo di un pasto consumato troppo in fretta.
     Costretto dal bisogno, spinto dalla necessità, mi affido alla lettura dei Pensieri di Pascal, Del sentimento tragico della vita di Unamuno, della Filosofia di Jaspers, e mi sforzo di comprendere fino in fondo quell’«essere-per-la-morte» di Heidegger; mi sembra, però, di percorrere vie a tratti oscure, a tratti luminose: e l’inquietudine e l'angoscia prendono il sopravvento.
(Cesare Cellini, 12 Settembre 1992, in Frammenti d'un journal intime, 1998, p. 13)



(Dina Viglianisi, Simbiosi 1, 1998, olio su tela, 80x120)
 18 Gennaio, 1993.

In questi giorni mi sento particolarmente turbato, stressato, assalito da dubbi, da continui perché. Mi sento in agonia. Un'agonia strana, però. Non è lotta per la vita, questa vita. Ho accettato, ormai, la prossimità della fine. Mi sono fatto obbediente. La mia, è un'agonia di amore e di conoscenza, di Dio e di futuro.
      Sedotto dalla conoscenza, cerco spiegazioni nell'amore. Non ne trovo. L'una e l'altro sono tutt'uno, per me, ora. In che cosa, infatti, conclude la conoscenza, se non nell'amore? E l'amore non è quell'urgenza che ci spinge alla conoscenza, fino a farci stare male? Non viviamo di desiderio, di attesa, di bisogno di pienezza? Non siamo sempre alla ricerca di qualcuno, compreso noi stessi, che ci possa appagare e rendere quieti?
      È strano che tutte queste domande me le ponga soltanto ora. Ora che il tempo si dilegua fra le mie dita scarnificate dal dolore.
      Penso talvolta che la “fine” mi è necessaria se voglio in qualche modo capire. Eppure il mistero mi sovrasta lo stesso, perché Dio rimane Dio ed io rimango io, con un nome e una storia recuperati nel tempo. Un tempo sempre orfano, scandito da nascite e morti, da guerre e paci, da felicità improvvise e da dolori covati nel silenzio o nell'urlo della disperazione.
      Ma la mia vita nell'eternità quale valore o significato assume, quando queste nascite e queste morti, appunto, non segneranno più il limite, non saranno più l'alfa e l'omega di ogni azione, di ogni particolare, il discrimine di passato e futuro?
      E quale sarà il mio futuro quando questo mio corpo, fragile e ricettivo, scaturigine dell'amore e della conoscenza, mi avrà abbandonato?
      È meglio che la smetta di pormi domande e ceda alle voglie di Poma, impaziente. Si è alzato sulle zampe posteriori e mi sta addosso, mi alita sul collo, mi lecca l'orecchio: vuole a tutti i costi giocare.
(Cesare Cellini, 18 Gennaio 1993, in Frammenti d'un journal intime, 1998, pp. 21-22)

sabato 1 dicembre 2012


Cesare Cellini
 
 

Al sommo bene dei moralisti
io scelgo il bene dell'intelligenza
 

                                                    To the highest good of moralists
                                                    I prefer the gift of intelligence

 
Al supremo bien de los moralistas
prefiero el bien de la inteligencia
 

                                                Au bien suprème des moralistes
                                                je préfère le don de l'esprit

 
Dem höchsten Gut der Moralisten
ziehe ich das Gut der Intelligenz vor

   

Giuseppe A. Brunelli
(quatre fragments lyriques
de Cesare Cellini
(traduits en français, avec des variantes)
(IV)

Ce serait
(Sebastiano Milluzzo, Mare rosso, 1991)
Si tout à coup un rêve
devient une chose réelle
lorsque entre les miennes
je caresse d'autre mains
tes deux mains
ce serait le maximun
des désirs
Ecouter avec souci
nos souffles
les unir transformer
en un seul
fort se serrer
entre les bras
fermer-ouvrir
les yeux
en se retouvant nus
su la lune
et en appellant à nous
les étoiles
saluer la terre
le soleil
suivre le parcours
de l'arc-en-ciel
arriver au paradis
entendre retentir
des trompettes
des choeurs d'angeset
avec soubresauts de joie
de riantes et magiques
harmonies
d'un piano
amoureux
Nous changer en nous-mêmes
et dans le devenir devenir
une seule chose avec l'univers
et avec la foule qui pleure
qui a ri et dit des mensonges
qui a tué
qui implore merci
qui crie dans l'attente
peu attentive à l'amour
enfin hereuse d'aimer
Ce serait
la maximum
oui
des désirs [1]


[1] C. Cellini, Sarebbe, in Cháris, Catania, 1987², pp. 49-50: “Se improvvisamente / un sogno realtà diventa / accarezzando fra le mie / altre due mani / le tue / sarebbe il massimo / dei desideri // Ascoltare ansiosi / i respiri nostri / unirli trasfrmarli / in uno / stringersi forte / fra le braccia / chiudere-aprire / gli occhi / ritrovarsi nudi / sulla luna / chiamando a noi / le stelle / salutare la terra / il sole / seguire il percorso / dell’arcobaleno / arrivare in paradiso / udire squilli / di tromba / cori d’angeli / sussulti di gioia / ridenti e magiche / armonie / di un pianoforte / innamorato // Trasformarsi in noi / e divenire nel divenire / uno con l’universo / e con la gente che piange / che ride che mente / che uccide / che chiede perdono / che urla di attesa / distratta all’amore / felice d’amare / Sarebbe il massimo / sí / dei desideri”.