domenica 9 dicembre 2012



  5 Novembre 1992

Jennifer Caudill, Dialogo, olio su tela, cm.70x100
Vi sono cose nella vita tanto sofisticate che sfuggono alla semplice comprensione. Anzi, esigono un tale sforzo di conoscenza che spesso l'intelletto deve ricorrere ad operazioni assai complesse –talvolta a-logiche– per poterle in qualche modo spiegare.
     E più queste cose esigono uno sforzo –più cioè si allontanano dalla realtà concreta, più perdono l'immediatezza del comunicare, più si spogliano dell'universalità del segno che le rappresenta– più vengono stimate.
   Una cosa è certa, però, che i grandi e possenti e capaci estimatori appartengono, fortunata-mente, ad una stretta cerchia di persone che, solitamente, ama confondere i confini della realtà con i confini di se stessa –ossia, della propria massa corporea– e si inebria!
     Ciò, purtroppo, accade anche nell'arte, dove, talvolta, si verifica pure che il significante prenda il sopravvento sul significato.
     Ma se è vero che l'arte racchiude in sé una qualche verità, se è vero che possiede in sé il valore dell’educare ed è valore essa stessa, io credo che condizione indispensabile sia la chiarezza formale e la semplicità concettuale che la rendono accessibile a tutti, anche agli ignoranti –a quella stretta cerchia di persone cioè.
    Dio, infatti, che è verità semplice, si rivela agli umili, i quali –così è scritto– un giorno erediteranno la terra.
(Cesare Cellini, 5 Novembre, 1992, in Frammenti d'un journal intime, p. 15)


12 Gennaio 1993

Vinto dall'ansia, dal desiderio di un possibile Oltre, sento sempre più pressante la necessità di abbandonare ogni forma di conoscenza e affidarmi al sogno: istinto primitivo, che ci permette di rientrare nel grembo della Madre, ogni qual volta lo vogliamo, e fluttuare liberi nelle acque primordiali senza la paura e le costrizioni del tempo.
     Mi conforta, infatti, pensare che il sogno mi sarà compagno fino all'ultimo respiro, fino alla soglia dell'incomprensibile e, forse, ancora oltre.
(Cesare Cellini, 12 Gennaio, 1993, in Frammenti d'un journal intime, p. 19)

15 Gennaio 1993

Oggi ho letto, in una citazione, un pensiero di Jakob Boehme: «dal momento che un uomo comincia a vivere, è già abbastanza vecchio per morire».
     Io non conosco questo Autore, non so dunque quale è il giusto senso da attribuire a questa affermazione.
     Penso, però, che la morte è necessità per la vita e la vita non si attua se non nella morte. Ma se questo vale per la vita, non credo che possa valere anche per me. Non ne sono sicuro. La vita sfida l’eterno; io, solo il temporale.
(Cesare Cellini, 15 Gennaio, 1993, in Frammenti d'un journal intime, p. 20)

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