Da
quando ho saputo che mi restavano pochi mesi da vivere, nonostante la mia lotta
quotidiana, aiutato da medici e medicine, ho scoperto che del tanto tempo
destinato agli esseri viventi, a me ne è stata accordata una congrua parte.
Appena appresa la notizia, l’angoscia e la disperazione mi
hanno sopraffatto e i minuti e le ore mi sono scivolati via dalle mani senza
neppure rendermene conto: velocemente. Poi, ho riflettuto.
A differenza di altri, compreso me stesso prima di sapere, io
ora conoscevo pressappoco la data della mia morte. Ed è stato, ed è, un
privilegio; me ne rendo conto: una grazia.
Vittorio Di Blasi, Ombra, 2008, cm 120 x 80, Abitazione
privata
tecnica di esecuzione: vetro,
legno, corpo illuminante,
lamina essiccata di ficodindia su fondale e ombra |
Adesso ho tutto il tempo per prepararmi all’incontro. Vivo,
infatti, l’attesa della morte come riconciliazione.
Mi sono sempre lamentato di avere poco tempo; ora, invece,
che ne ho davvero poco, mi accorgo di averne molto e che un minuto non è
composto solo di sessanta secondi, ma di molte più cose: sessanta pensieri,
sessanta desideri, sessanta possibilità di essere ed amare.
Ora, ho il tempo per fare ogni cosa; ma ogni cosa pensata e
scelta fra mille; ogni cosa per la quale vale la pena spendere il proprio tempo,
la propria vita.
Custode, allora, di questa congrua parte di tempo accordatami, una buona porzione la dedico al canto.
Che meraviglia il canto, quando si muta in parola. Ha
il potere di mutare a sua volta il tempo in eternità; il dolore in gioia
interiore; la bruttezza e l’empietà, in bellezza e gioia per i sensi e l’anima.
È l’Arte, che è capacità di trasfigurare, trasfigurare
sempre; che alla certezza, preferisce il dubbio, e alle grandi cose le piccole.
È l’Arte, che all’esistenza di Dio, preferisce sapere che fra
noi e Lui esiste, invece, una grande intesa; una complicità, che ci accomuna
nell’atto del creare, che fa amare fino a consumarsi e rende sacra la vita.
Sempre più mi rendo conto, in quest’ultima parte di tempo
accordatami, che l’unica sfida alle intelligenze di tutti i tempi, passati e futuri,
è, e sarà, sempre Dio.
Anche se non esistesse in sé, Dio, sarebbe sempre
quell’Oltre ogni possibile oltre: il luogo immaginario dove finiscono tutte le
favole puntualmente sognate, compreso il canto e la parola.
Vittorio Di Blasi, Tappeto delle foglie perdute, 2006, cm 210 x 130, Hall di ingresso Lido Azzurro Catania lamina essiccata di ficodindia su vetro |
Privarci di Dio, è privarci del piacere delle favole, nelle
quali i desideri si mutano in sogno (e questo è il nostro miracolo) e i sogni
in realtà (e questo è il Suo miracolo).
Che queste realtà, poi, non trovino un luogo dove
concretamente esistere, non ha importanza: è secondario. Un luogo, qualunque
fosse la sua ampiezza, è sempre limitazione del pensiero.
Ora che la parte di tempo accordatami, la congiura parte, si
assottiglia, si frantuma in piccole schegge, si muta in attesa, e la mia vita
si prepara nel silenzio a divenire finalmente parola, io volgo un pensiero,
che è quasi un canto, a quel piccolo spazio che ospiterà il mio corpo, e che
sarà unico testimone del mio disfacimento; unico custode, unico arrendevole
amore, paziente di attendere il grande ritorno.
Mi conforta pensare che quando la parte di tempo, oltre
quella accordatami, finirà, questo piccolo spazio saprà restituirmi intero alla
vita; e gioirà con me, dimenticando di avermi atteso a lungo.
(Cesare Cellini, Natale 1992, da Frammenti d'un Journal intime, 1998, pp. 16-18)
Nessun commento:
Posta un commento