22 Gennaio 1993
Oggi
è venuto a trovarmi un amico, un collega di Università. Gli ho confidato il mio
travaglio; gli ho detto che mai come in questi tempi ho desiderato Dio e che
mai come in questi tempi ho dubitato della Sua esistenza.
Lui mi ha invitato, allora, ad essere ragionevole, dicendomi
che è pura utopia credere nell'esistenza di qualcuno o qualcosa dopo la morte;
che Dio non esiste, è solo un prodotto della fantasia, il sogno dei folli e dei
disperati.
Ma io sono un disperato! Ho quasi gridato. Poi, dopo alcuni
minuti di silenzio, ho replicato: e se anche fosse? Sarebbe un sogno trasgressivo,
come trasgressivi sono tutti i folli e i disperati: disprezzano la vita e la
difendono ad oltranza, non credono nell'onestà dell'amore e lo esaltano fino al
sacrificio estremo, infrangendo tutte le norme: ogni giorno, fino all'inevitabile
vuoto in cui la gente ragionevole, come te, dalla sommità della propria
ragionevolezza, li dirupa.
Se ne è andato, salutandomi appena. Sono rimasto in poltrona,
con un groppo alla gola e lo sgomento nel cuore. Perché mai, mi son detto,
proprio ora che sono vicino alla mia fine, io debba essere ragionevole. Ho
sempre amato la trasgressione: ho amato l'Arte, la musica, il canto. Ho amato l'amore.
No, non voglio essere ragionevole; voglio, invece,
accompagnarmi ai mille sogni, ai mille volti, a quel Dio che il mio io sarà capace
di inventarsi e rendere reale, come la Parola che si è fatta carne, sfidando il tempo e
l'eterno.
Calmatomi, sono andato al balcone, dalle mie cocorite. Ho
steso la mano dentro la voliera e la più anziana, come al solito, mi è saltata
sul dito, sicura che l'avre fatta uscire. L'ho portata con me nello studio,
dove Poma se ne stava sdraiato a sonnecchiare.
Mi sono anch'io accucciato per terra, vicino a lui, tentando
per l'ennesima volta di renderli amici.
Poma ha alzato la testa, fissandoci; poi, mi ha allungato
una zampa sul petto. Con voce calma, allora, ho ripetuto le presentazioni ed ho
avvicinato pia piano la cocorita a lui, fino a farla saltare sulla sua zampa.
Poma ha scodinzolato, allungando il muso vero lei. Ci ero
finalmente riuscito: lei aveva superato la paura e lui aveva vinto l'istinto di
predare, in quel momento.
Dalla gioia ho abbracciato Poma e baciato sulla testa la
cocorita. Siamo rimasti a giocare per un bel pezzo, fino a quando non ho sentito
girare la chiave nella toppa della porta di casa. Allora mi sono alzato e con
la complicità di Poma, che mi veniva dietro, sono andato a far rientrare la
cocorita in voliera: ha schiamazzato con forza il suo disappunto.
Occorreva, però, che quanto accaduto rimanesse un segreto
fra noi: avevamo appena rinunciato, all'insaputa, forse, di noi stessi, alla
ragionevolezza!
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